Gli spazi espositivi del Museo delle Mura Aureliane ospitano
MURMURES
a cura di Domenico Iaracà
ceramica contemporanea, fiber art e fotografia
di
Silvia Beccaria - Tonina Cecchetti - Silvia Granata
Mirna Manni - Sabine Pagliarulo - Simona Poncia
Inaugurazione venerdì 23 febbraio ore 17.00
24 febbraio - 8 aprile 2018
MURMURES Il respiro
vitale del linguaggio dell’arte
La
mostra, a cura di Domenico Iaracà, raccoglie il lavoro di sei artiste per esprimere
l’umana necessità di comunicare. Silvia Beccaria, Tonina Cecchetti, Silvia
Granata, Mirna Manni, Sabine Pagliarulo, Simona Poncia, si ritrovano in maniera
sorprendente intorno ad un progetto il cui oggetto di ricerca è riassunto dal
significativo titolo di Murmures, sussurri, mormorii. Quasi a inseguire e reinterpretare, a
millenni di distanza dalla sua formulazione, il concetto aristotelico di virtù,
cercano di trovare il punto di equilibrio, un antidoto all’incomunicabilità,
sia essa dovuta al rumore eccessivo che ostacola la comunicazione o alla
chiusura che, all’opposto, la nega, come ha affermato il curatore, Domenico
Iaracà. La mostra, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita
culturale - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, con la collaborazione
di Galleria Honos Art di Roma, con i servizi museali di Zètema Progetto
Cultura, è ospitata negli spazi espositivi del Museo delle Mura dal 24 febbraio
all’ 8 aprile 2018. Mezzo di condivisione scelto è il linguaggio dell’arte: dalla
ceramica alla fotografia e alla fiber art, ciascuna artista, seguendo codici
personali, coerenti seppur mai uguali anche all’interno di ogni singola
ricerca, dà voce al proprio intimo facendo uso dei mezzi che le risultano più
congeniali. Anche le Mura, quasi un ossimoro esse stesse, si presentano come un
esempio di silenzio gravido di parole, di vere e proprie storie che narrano i
secoli di vita dell’edificio. Le opere in mostra raccolgono la sfida di
rappresentare l’immateriale, in particolare il suono significativo, la parola e
la comunicazione. Una sfida superata con quei mezzi che solo l’arte ha, ovvero
la capacità di rappresentare il non rappresentabile, evocare mondi ed
esperienze, come un auspicio per un dialogo sempre più aperto e costruttivo.
opera di Silvia Beccaria
opera di Silvia Granata
opera di Sabine Pagliarulo
opera di Tonina Cecchetti
opera di Simona Poncia
Murmures
Luogo: Museo delle
Mura Via di Porta San Sebastiano, 18 - Roma
Apertura al pubblico: 24 febbraio – 8 aprile 2018
Inaugurazione 23 febbraio 2018, ore 17.00
Orario da martedì a
domenica ore 09.00 - 14.00 (ingresso consentito fino alle 13.30)
Ingresso Gratuito
Promosso da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita
culturale -
Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali
Con la collaborazione di Galleria Honos Art
A cura di Domenico Iaracà
Progetto espositivo: Sabine Pagliarulo
Info Mostra: Tel
060608 (tutti i giorni ore 9.00 – 19.00)
www.museodellemuraroma.it; www.museiincomune.it
Servizi museali
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(ph di Luigi Tizi)
(ph di Luigi Tizi)
(ph di Sabine Pagliarulo)
(ph di Luigi Tizi)
(ph di Luigi Tizi)
http://www.adnkronos.com/cultura/2018/02/27/murmures-museo-delle-mura-collettiva-sei-artiste_nqlf7a7fOQJw84HnI9kNKI.html
https://issuu.com/sabinepagliarulo/docs/murmures_-_contemporary_art_catalog
(ph di Luigi Tizi)
(ph di Luigi Tizi)
(ph di Benedetto Ferraro)
(ph di Sabine Pagliarulo)
(ph di Sabine Pagliarulo)
(ph di Sabine Pagliarulo)
(ph di Luigi Tizi)
(ph di Luigi Tizi)
Murmures. Il delicato
equilibrio della parola
Testo critico di Domenico
Iaracà
In Aristotele la virtù implica la giusta proporzione, che è
la via di mezzo fra i due eccessi”
G. REALE, Storia
delle filosofia antica, Milano 1979
Specchio ribaltato di
una realtà in cui la comunicazione, pubblica e privata, è sempre più
assordante, sei artiste si ritrovano sorprendentemente intorno ad un progetto
dal significativo titolo di Murmures, sussurri. Quasi a reinterpretare il
concetto aristotelico di virtù, le artiste cercano infatti di trovare il punto
di equilibrio, un antidoto all'incomunicabilità, sia essa dovuta al rumore
eccessivo che la ostacola o alla chiusura che, all'opposto, la nega. Mezzo di
condivisione scelto è il linguaggio dell'arte: seguendo codici personali,
coerenti seppur mai uguali anche all'interno di ogni singola ricerca, ciascuna
artista dà voce al proprio intimo facendo uso dei mezzi che le risultano più
congeniali.
Le fotografie di Simona
Poncia sono momenti di vita quotidiana in cui coppie, affrontate in angoli
appartati, ritrovano la loro intimità, o bambini felici colti nei momenti dei
giochi, lasciando così al brillare degli occhi l'espressione silenziosa della
loro gioia. Immagini che fissano momenti della nostra vita in cui la
comunicazione, prima accennata e ricercata con fatica, finalmente raggiunge la
sua realizzazione vincendo il frastuono circostante. Proprio a capovolgere le
regole della comunicazione gridata che ci circonda, l'artista propone scatti in
cui il messaggio è tanto più significativo perché privo del suono a cui siamo
portati ad associarlo in maniera esclusiva Ed il colore stesso sembra
partecipare alla costruzione di questo percorso: in contrapposizione alla ricca
tavolozza presente in natura, le foto si concentrano su un numero ristretto di
colori, talvolta il solo bianco e nero o, al massimo, pochi altri tocchi.
I Sedimenti s’incavano nel corpo sensibile
di Mirna Manni sono figure di cui riusciamo a
cogliere il vissuto. Ogni singola esperienza è infatti tale da lasciare traccia
in ciascuno di noi e sono questi vissuti, e le relative sedimentazioni, a
formarci così come siamo e dare un senso, talvolta diverso, alle parole che
utilizziamo. Specchio della differenza dei vissuti, queste sculture finiscono
per esserlo pure del linguaggio che noi tutti crediamo di condividere. Ma l’Arte punta all’universalità del
messaggio e Corporeitas incarna ciò
che l’artista definisce “la disperazione di una realtà che è della nostra epoca
e che stravolge valori, tratti distintivi dell’essere e dell’umanità intera”;
due busti ripiegati su se stessi, su colonne instabili, metafore della
condizione umana, dalle superfici tormentate ed erose. Altrettanto evocativo è
poi Cosmi di attesa, grandi forme
che materializzano quasi la riflessione che precede l'azione del parlare. La
loro forma sembra a prima vista destinata a un pecorso chiuso se non fosse per
l'apice che, formalmente e idealmente, risolve la composizione.
Un apice nei bozzoli di Mirna Manni,
un’apertura che è quasi una frattura, nei lavori di Sabine Pagliarulo: le
pulsazioni vitali presenti all'interno trovano una via verso l’esterno, una
vita che nasce, una parola che acquista significato. I pezzi lasciano
trasparire i colori naturali delle terre quasi a limitare l’intervento
dell’artista al solo gesto di ricostruire il ruolo della Natura: dall'azione in
potenza al compimento, le opere in mostra rappresentano un intero percorso
affidato alla metafora del ciclo vitale di forme organiche. Poco importa che si
tratti di elementi vegetali o animali, evidente è il dischiudersi del guscio,
difesa dell’essere, e il suo aprirsi alla vita: pulsazioni interne rompono e
quasi irrompono verso l'esterno; i gusci frammentati sono prova di un'azione
ormai conclusa, messaggi silenziosi di un lungo lavorio. In Tout le mots pour
le dire i singoli elementi in ceramica sono invece portatori di un messaggio
ciascuno. Plasmati con il materiale che avanza al fine della realizzazione di
opere diverse della non breve ricerca dell'artista, sono necessariamente
composti da terre diverse. Foglie - o fogli? - accartocciate, ciascuno di esse
è prova della difficoltà del comunicare, minute che restano sul tavolo al
termine della stesura di un testo, non casuale, in cui si scrive e si riscrive,
si corregge e si cerca la parola più adatta, si lavora e si riparte di nuovo
cercando, appunto, tutte le parole per dirlo.
Con codici del tutto personali, Silvia Beccaria fa invece
uso della tessitura per predisporre arazzi di una inconsueta leggerezza. Per la
prima volta nel percorso delle artiste in mostra, la parola e il tessere testi
assumono qui una sfumatura negativa, quasi di condanna a cui l'Uomo è
sottoposto per aver osato sfidare la divinità, ovvero nella presa di coscienza
della difficoltà, della fatica dell’atto di comunicare accostata alla fatica
del tessere. In una operazione che amplifica esponenzialmente il meccanismo
insito nel parlare, nella ricerca dell'artista la lingua letteraria ha un ruolo
centrale. La tessitura interpreta il lavoro di pianificazione del testo e, per
di più, brani letterari che trattano del parlare, in un gioco di scatole cinesi
in cui il modo di esprimersi è un
continuo lavoro di lima ad opera dello scrittore.
Questo aspetto lo avvicina al lavoro di
Silvia Granata in cui il paziente lavoro di lima, in ogni singolo elemento, è filo conduttore delle sue
installazioni. In una ricerca in cui è assente la figura umana, la
comunicazione avviene con un mezzo differente: 23 è un'installazione composta
da più elementi di porcellana colorata in pasta e dalla superficie sfaccettata.
Difficilmente definibile ad una prima lettura, il titolo costituisce un
tentativo di definizione arrivando a quantificare il peso in grammi di ogni
elemento. Ma per quanto simili fra di loro, gli elementi rimandano ad un numero
primo, indivisibile, quasi una dichiarazione di individualità. In ogni fase
della ricerca dell’artista tratto distintivo è la presenza costante di una
pluralità di elementi in relazione fra loro. Sta nel rapporto alla pari tra
materiali diversi, nella maggiore o minore distanza sui supporti la chiave di
lettura di queste opere in cui, paradossalmente, il messaggio non riposa in
quanto creato dall'artista ma semmai è rispecchiato dallo spazio vuoto: sono le
maggiori o minori distanze tra le persone, l'equilibrio tra ciascun individuo
della collettività, le dinamiche relazionali che intercorrono all’interno di
queste.
E poi Tonina Cecchetti in cui il
tema della comunicazione è anche il fil rouge per una scelta di opere che ne
illustrano la gradazione, dalla sospensione del silenzio fino ai messaggi più
forti, ad esempio quelli che pur senza parole collegano una madre al bambino.
Figure umane o le loro parti essenziali, in una realizzazione a tratti
straniante in cui il corpo umano è di volta in volta privato di alcune membra,
anche quelle fondamentali quali il capo. Lo splendore dell'oro o il bianco, il
colore riservato alla purezza nella cultura dalle radici giudaico-cristiane, un
insieme di codici culturalmente connotati o, all'opposto, universalmente
condivisi come quello di un abbraccio, in una scultura che, solo perché gode
dei privilegi dei codici dell'arte, riesce a rendere il gesto e amplificarne la
portata in una figura inaspettatamente priva di braccia.
Lo spazio scelto non
è casuale: quasi un ossimoro esso stesso. Il monumento si presenta come un
esempio di silenzio gravido di parole o vere e proprie storie che narrano i
secoli di vita dell'edificio. Sembra impersonare l'attitudine al sussurrare
ritratta dalle artiste: al margine di una grande città caotica fin
dall'antichità, tra il fragore della sua vita e il silenzio riposante del Parco
della via Appia antica, le Mura sono tacito testimone della caducità degli
imperi e del nostalgico tentativo di restaurarli, di una lingua e una cultura
che, seppur con l’uso delle armi, aveva unito molti territori. E non è quindi
un caso se il termine francese murmures trova nel latino murmures un perfetto omografo.
Domenico
Iaracà
http://www.adnkronos.com/cultura/2018/02/27/murmures-museo-delle-mura-collettiva-sei-artiste_nqlf7a7fOQJw84HnI9kNKI.html
https://issuu.com/sabinepagliarulo/docs/murmures_-_contemporary_art_catalog
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