domenica 18 novembre 2018



KERAMIKOS 2018

Percorsi attuali sulla scia di quattro omaggi storici

a cura di Lorenzo Fiorucci









Il progetto espositivo messo a punto dallo storico e critico d’arte Fiorucci propone un duplice percorso di indagine nel territorio della scultura fittile contemporanea. 
La Sezione Omaggio è dedicata alla produzione in ceramica di quattro maestri del Novecento: Giacinto Cerone, Giuseppe Pirozzi, Amilcare Rambelli e Franco Summa.
La Sezione Contemporanea presenta invece una selezione di alcune tra le più interessanti espressioni del pensiero creativo in ceramica dei nostri giorni, artisti che hanno intrapreso percorsi autonomi di ricerca, ma i cui linguaggi e modi operativi stabiliscono un rapporto dialettico con le esperienze artistiche dei protagonisti della sezione storica. Si tratta di Rosana Antonelli, Luca Baldelli, Tonina Cecchetti, Giorgio Centovalli, Eraldo Chiucchiù, Giorgio Crisafi, Carla Francucci, Evandro Gabrieli, Caterina Lai, Massimo Luccioli, Mirna Manni, Riccardo Monachesi, Sabine Pagliarulo, Angela Palmarelli, Marta Palmieri, Attilio Quintili, Mara Ruzza, Alfonso Talotta e Antonio Taschini.

La mostra, proposta da Massimo Melloni (Artidec) e Mirna Manni (associazione culturale Magazzini della Lupa), si avvale del Patrocinio del Consiglio Regionale del Lazio, della Provincia e del Comune di Viterbo e della Fondazione Carivit.



L’organizzazione della mostra è a cura dell’Associazione Culturale Magazzini della Lupa, Media-partner To Arch Magazine.
Dal 6 ottobre al 4 novembre 2018 al Centro Culturale di Valle Faul, Viterbo




ph Paolo Emilio Sfriso


ex Macello - Centro Culturale di Valle Faul





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INAUGURAZIONE DELLA RASSEGNA





Mirna Manni, Giuseppe Pirozzi, Lorenzo Fiorucci, Massimo Melloni







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MIRNA MANNI 

PER 

KERAMIKOS 2018

a cura di Lorenzo Fiorucci








Forms and roots, 2018
terra refrattaria, ingobbio, smalto,
bitume, legno dipinto, filo di ferro






ph Sabine Pagliarulo



Forms and roots, 2018
terra refrattaria, ingobbio, smalto,
bitume, legno dipinto, filo di ferro






Forme silenziose quasi sacre, stanno isolate o in relazione fra di loro oppure su basamenti che si accordano, tono su tono e partecipano alla messa in scena. Sculture che rivelano la loro essenza in un gioco di corrispondenza: il corpo della terra come il corpo dell’uomo, l’antico paragone. Riverberi e nessi nei bulbi/semi essenziali e nei busti stilizzati, avvolti o uniti da lunghi filamenti attorcigliati. Le radici, che creano possibilità di vita, nutrono e sostengono. Sostanziali per imparare da ciò che è stato, per consolidare e conoscere le nostre origini, la nostra identità, la nostra storia e la nostra cultura. Grovigli di fili neri, radici che esplorano e uniscono, a rafforzare  l’idea di necessità e di radicamento. Radici comuni necessarie, che possono essere a volte pesanti e troppo strette; altre volte invece tagliate di netto, sradicate, come quelle dei migranti che viaggiano attraverso mari sconosciuti, portando in loro l’orrore delle guerre e delle dittature, ma anche nuove radici da fondare dopo un espatrio doloroso.






ph Paolo Emilio Sfriso



Forms and roots, 2018
terra refrattaria, ingobbio, smalto,
bitume, legno dipinto, filo di ferro






Forms and roots, 2018
terra refrattaria, ingobbio, smalto,
bitume, legno dipinto, filo di ferro







Forms and roots, 2018
terra refrattaria, ingobbio, smalto,
bitume, legno dipinto, filo di ferro





Scrive Lorenzo Fiorucci sull'installazione presentata alla rassegna:

L’eleganza formale delle sculture di Mirna Manni trae origine da un rapporto diretto con la natura che diviene tuttavia filtrato attraverso l’elaborazione di una visione immaginaria che si trasferisce alla materia sulla quale si innestano elementi organici dalla forte componente simbolica come le radici, fonte del nutrimento spirituale, ma forse ancor più elementi di sapienza, emblemi di trasmigrazioni di esperienze. Nel 2014 Luciano Marziano notava infatti come la Manni: “Si muove lungo un doppio registro basato su un sorgivo organicismo e una incoercibile verifica del dato materico non alieni da formalizzazioni rituali che inducono a immettere nella strutturazione iconica una componente totemica”. Una tecnica raffinata al servizio di iconografie mai banali, a tratti formalmente surreali, come i segni sulle superfici suggeriscono, ma sempre improntate in una realtà contingente. Le radici e i semi, trovano infatti espressione in un’articolata istallazione in cui le forme originarie, diventano emblemi d’identità strappate, un’immersione elegantemente bruciante nell’attualità sociale del nostro tempo, restituita sotto forma di metafora. 





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